Retail

Analisi: il luxury retail nell’era post-Covid

28 Ottobre 2021

7 min
Il Covid-19 rappresenta al tempo stesso un rischio e un’opportunità per i brand del luxury retail internazionale che hanno rapporti commerciali con la regione Asia-Pacifico. Trasformandosi in aziende omnichannel e facendo degli store il fulcro della loro esperienza, i retailer di fascia alta hanno la possibilità di conquistare (e mantenere) una posizione dominante sul mercato.

Ogni Paese dell’APAC uscirà dalla pandemia con i propri tempi, ma nel frattempo dovrà tenere conto dei nuovi possibili comportamenti che interesseranno sia i clienti che i retailer. Tuttavia, molte delle abitudini sviluppate nel corso del 2020 (come ad esempio lo shopping online su WeChat, il mobile payment e il pagamento contactless) sono destinate a rimanere.

Retail The New Way

Durante la pandemia, la vendita omnicanale è maturata al punto tale da annullare il confine tra online e offline, creando una nuova normalità.

In Cina, soprattutto tra i facoltosi clienti delle città di primo livello, il canale online to offline (O2O) ha registrato il tasso di crescita più rapido nel 2020 grazie al mix vincente di consegne rapide, sicurezza (garantita dalle interazioni contactless) e ampia disponibilità dei beni più richiesti, in particolare alimenti freschi e prodotti per la cura personale.

L’opportunità che si presenta con questo nuovo scenario riserva indubbie potenzialità. Secondo uno studio condotto da McKinsey nel 2019, entro il 2025 il 65% della crescita nel settore globale della moda e degli accessori di lusso sarà da attribuire ai giovani consumatori cinesi.

Tuttavia, per rispondere alle loro esigenze i brand del luxury retail dovranno essere in grado di garantire shopping experience straordinarie da qualsiasi dispositivo e canale (sia esso nazionale che internazionale) in qualsiasi momento, sfruttando dati e software per il retail integrati.

Interview with Sylvain Jauze,
Director of Retail Worldwide Sales
and International Operations at Cegid.

WeChat e chat

WeChat è diventato l’ecosistema sociale e commerciale in cui i consumatori gestiscono ogni aspetto della loro vita, dalla pubblicazione di post, alle telefonate e l’invio di messaggi, fino all’uso nei momenti di svago (giochi) o per il pagamento di bollette, così come per l’acquisto prodotti e la prenotazione di servizi di trasporto.

Il social commerce ormai non è più considerato un canale d’acquisto a sé stante.

Con l’avvento della pandemia le piattaforme come WeChat, Douyin e Xiaohongshu (RED) hanno riscosso sempre più successo tra i consumatori grazie a una sapiente integrazione dell’eCommerce con l’universo social.

Alcuni retailer internazionali come Tmall e JD.com stanno sfruttando questa novità a loro vantaggio presentandosi sui marketplace di punta del mercato asiatico.

Per semplificare ulteriormente l’operazione, WeChat ha inventato i mini-program, delle app nell’app che consentono ai brand di aprire una vetrina e vendere direttamente ai consumatori, accettando ordini e persino pagamenti attraverso WeChat Pay. In sostanza, i mini-program sono l’anello di congiunzione tra online e offline: in questo modo, la brand experience è certamente assicurata.

Il gruppo di retail internazionale Sandro Maje Claudie Pierlot (SMCP) ha sviluppato un programma di fidelizzazione interamente digitale al quale i clienti possono aderire quasi istantaneamente (20 secondi anziché di tre minuti) e visualizzare i vantaggi riservati al loro stato di interazione con il brand. In aggiunta, una segmentazione più accurata del CRM consente di inviare messaggi in-app personalizzati.

Un’altra iniziativa vincente, che ha sicuramente portato ad aumentare la fidelizzazione dei clienti, è stata quella messa a punto da Clarins che, in occasione della Festa della Mamma, ha lanciato una campagna che esortava gli utenti a lasciare messaggi vocali indirizzati alle loro mamme su WeChat, ricevendo in cambio un omaggio da ritirare presso gli store Clarins proprio il giorno della festa.

Burberry ha sfruttato l’occasione nel suo flagship store di Shenzhen, dove i clienti possono utilizzare l’app per vivere delle digital customer experience immersive che permettono di interagire con le vetrine o ascoltando la musica che preferiscono nei camerini. Ogni utente può creare un profilo e inserire come avatar un cartone animato digitale con le sembianze di un cerbiatto che esce da un uovo. Questo tipo di esperienza, che in occidente può apparire bizzarra, è l’ideale nell’area APAC.

Un customer experience management ben strutturato, che prenda in considerazione tutte le buone pratiche del clienteling e preveda il cliente al centro di un’esperienza più che di una vendita, permette di avere utenti soddisfatti che vorranno condividere l’evento con i loro amici, andando quindi a potenziare il passaparola. Questo si traduce in un aumento dei ricavi e della brand awareness.

“Burberry è sempre stato un brand pionieristico, fondato sulla convinzione che la creatività abbia il potere di aprire nuovi spazi. Sperimentiamo idee innovative, ci spingiamo oltre i limiti del possibile. Per rivedere la nostra strategia social e retail, non potevamo che guardare alla Cina, un mercato in cui i clienti luxury sono avvezzi al digitale.”

Marco Gobbetti
CEO Burberry

Un percorso d’acquisto frictionless

Burberry sa quanto sia importante rimuovere tutti i potenziali punti di attrito dal percorso d’acquisto. Lo store di Shenzhen, creato in collaborazione con Tencent, è definito un “luogo di scoperta”, una digital customer experience immersiva che invita i clienti non solo ad acquistare articoli, ma anche ad accedere a contenuti esclusivi ed esperienze personalizzate sulla piattaforma social WeChat.

I clienti (o potenziali tali) sono invogliati a provare l’esperienza in negozio, anche solo per curiosità, e quindi vi si recano per poterla sperimentare. A questo punto, è possibile proporre una vendita che avrà più probabilità di verificarsi se l’esperienza ha avuto successo.

Questo tipo di pratica è molto in voga e non è più limitata ai soli luxury retail, ma è ormai diffusa anche negli store di altri tipi di brand, proprio perché si è rivelata essere vincente.

Durante il periodo Covid, il ricorso al mobile payment è aumentato esponenzialmente, non solo nei negozi virtuali, ma anche in quelli fisici. Infatti, secondo iiMedia Research, i consumatori ricorrono a questa forma di pagamento principalmente per alimenti e bevande (il 69,5% delle volte), nei piccoli punti vendita brick-and-mortar (69%) e per lo shopping online (65,3%).

Il successo delle opzioni di mobile payment durante il 2020 è dovuto anche al fatto che sono quasi sempre contactless, e quindi considerate più sicure dal punto di vista della salute dell’individuo.

Dopo essersi interrogati per anni sul proprio ruolo di fronte all’ascesa dell’eCommerce, ed essersi prontamente adattati alle nuove modalità d’acquisto, gli stessi store sono usciti dalla pandemia più forti che mai.

 

Gli store sono all’altezza dell’eCommerce

I negozi fisici sono fondamentali per supportare tutte le tipologie di customer journey.

Durante la pandemia, ad esempio, alcuni spazi si sono trasformati in poli di distribuzione temporanei flessibili (i cosiddetti dark store) o mini depositi deputati all’evasione degli ordini online.

Alcuni brand preferiscono puntare più sull’esperienza che sulle vendite dirette, nel tentativo di avvicinare i clienti, mentre altri hanno pensato a soluzioni alternative dando la possibilità di accedere a tutta la gamma di prodotti attraverso cataloghi digitali e inoltrare l’ordine online anche mentre ci si trova nello store.

Nel 2019, l’app di food delivery cinese Meituan Waimai aveva già assoldato robot e droni per le consegne indoor, ma nel 2020 ha aggiunto al parco mezzi anche veicoli elettrici a guida autonoma per circolare sulle strade pubbliche e recapitare la spesa ai clienti di Pechino.

I robot hanno il pregio di eliminare qualsiasi forma di contatto dall’intero processo di acquisto e consegna – un fattore di cui tenere conto nel post-pandemia, quando i clienti saranno più attenti alla sicurezza personale.

 

Store ad alto tasso tecnologico

Avvantaggiati da una posizione strategica, stock completi, procedure di evasione rapide e un’elevata capacità di servizio, gli store fisici hanno tutte le risorse per non deludere le aspettative dei consumatori e per questo continuano a confermarsi un punto di contatto vitale tra brand e pubblico.

Non a caso i retailer più avveduti li stanno dotando di tecnologie e sistemi gestionali in grado di rimuovere gli ostacoli residui e migliorare la customer experience. Il prerequisito essenziale per creare esperienze fruibili in un momento in cui l’omnicanalità la fa da padrona è una stock visibility aggiornata in tempo reale.

Questi modelli cross channel, quali endless aisle, store as warehouse, click & collect, showrooming non possono esistere senza che i retailer conoscano nel dettaglio l’ubicazione e lo stato delle scorte.

A proposito del valore degli store per i clienti asiatici, fa riflettere la notizia che nel 1° trimestre del 2021 gruppi del luxury retail come Hermès e LVMH hanno registrato un incremento del 25-43%, trainato prevalentemente dalla Cina e, in alcuni casi, persino superiore alle cifre pre-pandemia.

Dal punto di vista tecnologico, la chiave è trovare il giusto equilibrio fra globale e locale. Aziende del calibro di Lacoste, Longchamp, Aesop, L’Oréal e Shiseido si avvalgono di una soluzione localizzata nel rispetto della cultura territoriale, delle pratiche di retail e del quadro normativo/fiscale, con un particolare occhio di riguardo per le leggi sulla sicurezza informatica vigenti in Cina.

Al tempo stesso, queste tecnologie sono anche globalizzate per assicurare che i brand possano gestire la loro rete di retail internazionale con una sola soluzione uguale per tutti i Paesi.

In Asia in generale, e in Cina in particolare, è indispensabile conoscere il mercato locale e disporre di sistemi su misura per garantire una perfetta conformità fiscale e normativa, anche dal punto di vista della conservazione dei dati.

In seguito all’approvazione della legge che vieta il trasferimento dei dati delle transazioni al di fuori della Cina, nel 2021 Cegid ha aperto un nuovo data centre cloud (Point of Delivery) sul territorio, strutturato secondo le disposizioni della Cybersecurity Law e pronto a seguirne l’evoluzione.

“L’innovazione a cui stiamo assistendo nei retail store asiatici e l’adozione di tecnologie per soddisfare i clienti omnichannel stanno rapidamente diventando un modello anche per l’Europa e gli Stati Uniti.”

Marco Lim
Marco Lim, Responsabile Solutions APAC di Cegid

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