Retail

Luxury retail nel 2021: 7 tendenze da tenere d’occhio

1 Febbraio 2021

9 min
Mentre ci lasciamo alle spalle il 2020, sono molti i settori che hanno bisogno di recuperare terreno, e il luxury retail non fa eccezione. L’anno appena concluso ha segnato un drastico cambio di rotta per il business, con le strategie digitali che hanno assunto un ruolo essenziale e l’enorme accelerazione e amplificazione di molti dei processi di innovazione già in corso. Stando allo studio di mercato Luxury Goods Worldwide 2020 di Bain-Altagamma[1], alcuni di questi cambiamenti potrebbero esaurirsi nel breve termine, ma altri sono destinati a durare.

1. Lo store “figitale”

In un momento in cui la distanza interpersonale è diventata un valore aggiunto e lo shopping online un’abitudine consolidata, che ruolo possono assumere i punti vendita fisici? Lo spazio fisico resta un elemento fondamentale per la connessione tra i brand e il loro pubblico. La tendenza attuale vira verso esperienze in-store su misura, che massimizzano la personalizzazione del servizio e rispondono ai bisogni di clienti che stanno trasformando le ricerche online in una consuetudine radicata. I risvolti pratici della pandemia potrebbero accompagnarci ancora per qualche tempo, ma in questo periodo limitato l’uso creativo del retail esperienziale sta paradossalmente ampliando gli orizzonti dei consumatori del settore lifestyle. Gli USA, punto di riferimento per l’innovazione nel panorama retail internazionale, offrono importanti esempi di questa energia. A Manhattan, ad esempio, lo store Atelier Beauté di Chanel a Soho ha ridotto l’enfasi sulla presentazione dei prodotti, dando invece vita a spazi dimostrativi dedicati alle sperimentazioni dei makeup artist della maison, con un’esposizione di prodotti in chiave minimal e un’area dedicata alla creazione di contenuti, dove l’illuminazione è perfezionata per Instagram. A pochi passi di distanza, lo spazio Gucci con sala di proiezione, caffetteria e libreria aumenta le sue collezioni. L’integrazione degli acquisti “distanziati” contribuisce anche a promuovere nuovi utilizzi degli ambienti, con aree specifiche per la prova, i resi e il riciclo e ampie vie di accesso conformi alle precauzioni sanitarie per la tutela dei clienti. I servizi di click-and-collect e curbside pickup sono ora integrati in nuovi cerimoniali di vendita, come Box, l’avveniristico punto di raccolta per gli acquisti online creato dal servizio postale finlandese, che ha trasformato i suoi efficienti ma noiosi punti di ritiro in un’esperienza estetica piacevole e funzionale.

2. Addetti alle vendite come brand&value ambassador

Il distanziamento sociale è ormai la normalità, ma i brand del lusso hanno fatto di tutto per restare vicini ai loro clienti nel 2020. Il personale di vendita è il canale primario attraverso il quale i consumatori arrivano a conoscere i principi portanti del brand, grazie all’espressione dei messaggi fondamentali in termini umani e alla profonda conoscenza della tradizione, dei valori e dell’impegno aziendale in favore della sostenibilità, in una narrazione autentica e autorevole della story del brand. In questi termini, gli addetti alle vendite continuano ad agire in prima linea per incrementare la personalizzazione dell’esperienza dei consumatori del settore luxury e la creazione di relazioni più profonde, reattive e rispondenti alle aspettative. I brand stanno cogliendo l’occasione per sfruttare appieno il potenziale del personale di vendita, una risorsa potente in grado di creare processi di vendita omnicanale più flessibili, coniugando tradizione e tecnologia per elevare gli standard della customer experience. Questa strategia può prendere la forma di servizi di personal shopping virtuali, come hanno fatto ad esempio Harrods e Agnès b, che invitano i clienti a comunicare via WhatsApp con i loro personal shopper, o Gucci, che propone esperienze virtuali personalizzate in cui il personale mostra in diretta gli articoli ai clienti da una riproduzione dello showroom. Ma gli spazi di creazione di valore e connessione tra il personale di vendita e i consumatori non si limitano agli store e alle pagine ufficiali online: un’altra tendenza in crescita è il coinvolgimento attivo dei clienti VIP oltre i confini tradizionali, attraverso i dispositivi mobili o creando piccoli eventi dimostrativi o di acquisto su misura.

 

3. Riflettori puntati sul digitale – una tendenza permanente

Un messaggio incontestabile che il 2020 ha trasmesso ai retailer del lusso riguarda il ruolo imprescindibile del digitale nell’evoluzione del settore e, a questo riguardo, i brand più attenti stanno mettendo il comparto digitale al centro dei loro modelli operativi. Il potenziale è enorme. Nei primi otto mesi della pandemia, il settore fashion online ha registrato un boom equivalente a sei anni di crescita.[2] E nonostante l’indubbia influenza su questi dati dell’impossibilità di fare acquisti di persona, tutti gli indicatori mettono in luce il ruolo di una digitalizzazione crescente a supporto della luxury experience, anche quando la pandemia sarà finita. Per il settore del lusso non si tratta solo di adottare l’e-commerce, ma soprattutto di sviluppare e mettere in atto strategie omnicanale in grado di coinvolgere, ispirare o agevolare i clienti, come ha fatto il marchio di profumeria britannico Penhaligon, che propone video-consulenze live, o la catena statunitense Neiman Marcus, promotrice di una app su cui i clienti possono caricare fotografie di prodotti visti nella vita reale per ottenere suggerimenti su articoli identici. Piattaforme per il commercio unificato, analisi perfezionate e miglioramenti della supply chain, insieme a innovazioni nelle interazioni con i clienti, come il pionieristico social retail store di Burberry,[3] sono solo alcuni dei modi in cui la tecnologia può sbloccare un’efficienza senza ostacoli, esperienze inedite e nuovi segmenti di clienti. In linea generale, però, le strategie digitali hanno successo se riescono a catturare un’essenza di qualità e una considerazione allineata ai prodotti del brand, dal momento che i clienti del segmento luxury mantengono aspettative elevate anche nelle esperienze online. Ovviamente le applicazioni digitali devono fare la loro parte per incoraggiare i clienti a tornare nei punti vendita che, a loro volta, hanno oggi assunto un ruolo di marketing (e un mercato) diverso, dando ai visitatori l’opportunità di interagire con i prodotti e sviluppare una relazione con il brand attraverso allestimenti esperienziali e appuntamenti VIP, non necessariamente finalizzati alla conclusione di una transazione.

4. Crescente domanda di personalizzazione

  • un cliente su cinque

ha parlato della personalizzazione come di un fattore importante e di rilievo nell’acquisto di prodotti di lusso secondo un report a cura di Boston Consulting Group e Altagamma

Per alimentare l’esperienza luxury, la personalizzazione sempre maggiore continua a essere fondamentale, in particolare in questa fase in cui il settore incrementa capacità e potenziale a livello digitale, ma non può rischiare di compromettere la qualità e l’esclusività scadendo in una sorta di “annacquamento digitale” .In un report a cura di Boston Consulting Group e Altagamma, un cliente su cinque ha parlato della personalizzazione come di un fattore importante e di rilievo nell’acquisto di prodotti di lusso.[4] In questi termini, è essenziale che i brand del lusso mantengano interazioni pertinenti e su misura con i clienti in corrispondenza di ogni touchpoint, creando un senso di connessione individuale e di valore che trascende la singola transazione. All’interno dei punti vendita, la tecnologia oggi consente al personale di disporre sempre di dati utili sul profilo individuale del cliente, per adattare alla perfezione l’esperienza. Gli acquisti precedenti, i dati social, la frequenza delle interazioni e le modalità di consegna preferite rappresentano per il personale di vendita informazioni utili per cesellare l’offerta di una suite di servizi in base alle esigenze di ogni individuo. Negli store di brand come Furla, Vilebrequin e L’Occitane, le app di clienteling raccolgono e aggregano questo tipo di dati nell’ambito di un processo “invisibile” che avviene durante il cerimoniale di vendita. In questo modo, è possibile rispondere in modo fluido alle preferenze e alle aspettative dei clienti, dalla bevanda pronta per loro quando entrano in negozio ai servizi post-vendita di loro interesse, contribuendo a differenziare i brand del lusso dalla concorrenza e incoraggiando le interazioni successive.

5.La sostenibilità come bisogno, non come “vantaggio extra”

  • 67% dei consumatori

considera l’uso di materie prime sostenibili un fattore importante per indirizzare gli acquisti, mentre il 63% valuta nello stesso modo la promozione del brand in termini di sostenibilità

La sostenibilità continua a essere una priorità per tutti i segmenti del settore fashion, che a oggi continua a essere responsabile del 10% delle emissioni di anidride carbonica a livello globale[5]. La crisi sanitaria globale ha sottolineato il bisogno di trasformare questo valore in una base portante delle strategie aziendali, ricordandoci quanto le azioni umane e le loro conseguenze siano interconnesse a livello planetario. Ora più che mai, i brand cercano di agire nel migliore dei modi senza limitarsi a promuovere un’immagine green, spinti dalle priorità della nuova generazione di consumatori del lusso. Un recente sondaggio di McKinsey ha rilevato che il 67% dei consumatori considera l’uso di materie prime sostenibili un fattore importante per indirizzare gli acquisti, mentre il 63% valuta nello stesso modo la promozione del brand in termini di sostenibilità[6]. Di conseguenza, le aziende stanno cercando di migliorare le loro best practice in aree come l’approvvigionamento, la supply chain, gli imballaggi e l’origine etica. Le iniziative laterali come il vintage luxury, i brand ad accesso limitato incentrati sulla sostenibilità e le linee con packaging ridotto sono tutti elementi che contribuiscono alla creazione di un’economia circolare. E ancora una volta la tecnologia riveste un ruolo chiave per convogliare e affinare la transizione. Per i retailer in grado di offrire servizi di “Ship from Store”, gli ordini inoltrati online possono essere evasi da un punto vendita locale invece di partire in automatico dai magazzini centrali, consentendo un percorso più rapido, economicamente efficiente e sostenibile.

6. Uno storytelling autentico

Lo storytelling continua a essere centrale per comunicare in modo significativo i valori del brand, ma nel mondo post-covid la sua risonanza sarà ancora maggiore. La pandemia sta in qualche modo alterando il tessuto sociale, accelerando l’innovazione e portando le persone a riconsiderare i loro valori e le loro priorità, e nel segmento luxury a cavalcare quest’onda saranno soprattutto i brand in grado di distillare la loro essenza – artigianalità unica e senza tempo, destinata a durare – e a comunicarla connettendosi in modo efficace con il pubblico. A questo si intrecciano le considerazioni di una nuova generazione di consumatori del lusso, alla ricerca di sostenibilità, fair trade e produzione etica, oltre che di prodotti di qualità. Per questi consumatori, che corrispondono soprattutto, ma non solo, alla generazione Z e Y, la provenienza dei prodotti di lusso acquistati è essenziale ai fini dell’espressione dell’identità individuale. In un mondo “usa e getta”, chi dà valore alla cura e alla longevità è ora associato ai valori più nobili, e a dominare sono le forme narrative autentiche basate su artigianalità e tradizione, come quella di Johnstons of Elgin, che opera sull’intera supply chain del cashmere, dagli allevatori fino ai rivenditori. In ogni caso, per fare breccia sui consumatori le storie raccontate dai brand del lusso devono essere autentiche, consapevoli e coerenti e venire percepite come tali.

 

7. Globale vs. locale

Le limitazioni degli spostamenti internazionali nel 2020 hanno annientato un segmento di mercato importante per i brand del lusso; tra il 20 e il 30% delle entrate del settore, infatti, è generato da consumatori che fanno acquisti al di fuori dei loro Paesi.[7] A questo proposito risulta particolarmente rilevante il mercato asiatico: è stato stimato che nel 2018 gli acquisti effettuati al di fuori del territorio nazionale hanno rappresentato oltre la metà della spesa dei cinesi in beni di lusso.[8]
Si rileva inoltre un aumento molto marcato dei retailer del lusso interessati a sviluppare una rete di punti vendita in Cina, con la speranza di ottenere lo stesso successo di Hermès, il cui flagship store nel centro commerciale Taikoo Hui di Canton ha messo a segno vendite per l’incredibile cifra di 2,7 milioni di dollari USA il giorno della sua riapertura dopo il primo lockdown.[9]
Secondo le previsioni, i viaggi non torneranno ai livelli pre-Covid ancora per qualche tempo, nonostante la vaccinazione di massa, confermando la tendenziale conversione dei consumatori globali in consumatori locali, con tutto ciò che questo implica per le modalità con cui i brand attraggono e servono i loro clienti. Portare gli acquisti di lusso entro i confini nazionali durante la pandemia ha evidenziato il bisogno di sviluppare i cerimoniali di vendita più adatti per ogni store, ogni piattaforma e ogni regione, un’esigenza che continuerà a essere centrale per il successo. Tuttavia, mentre il settore guarda al futuro e all’espansione post-pandemia, la compliance globale continuerà a rappresentare un orientamento chiave nei mercati esistenti ed emergenti.

La capacità di adattarsi alle regole fiscali internazionali è fondamentale per la riuscita di questo tipo di strategia, attraverso l’uso di sistemi abbastanza potenti e flessibili da supportare le operazioni di business in corso e, contestualmente, le evoluzioni delle normative regionali. I brand del lusso dovranno farsi trovare preparati a gestire un mosaico di regolamentazioni ancora più complesso, adottando soluzioni in grado di preservare la coerenza dei rituali di vendita mantenendo la coesione della customer experience.

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